raccontando


 

 LA SUOCERA SUL TETTO

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Artemio Sbroia era un sano contadino della Bassa Bergamasca, sicuramente un gran lavoratore ed un ottimo padre di famiglia.

Ogni mattina la sua sveglia suonava alle quattro e dieci e lui, rispettando il copione di una vita, dopo essersi lavato la faccia con acqua fredda e sapone di marsiglia, correva entusiasta nella stalla di fortuna per mungere –a tempo di valzer- la sua adorata Bianchina…

E quando il rito era stato portato a termine il nostro Sbroia era solito regalare una preghiera e un saluto alla Vergine…per poi cavalcare il suo trattore vecchio modello e andare alla scoperta del suo piccolo mondo, fatto di verde, di sole e di quelle tante certezze che lo rendevano la persona più prevedibile di questo mondo!

Lui, l’Artemio, abitava in un cascinale tanto dozzinale quanto  fatiscente in compagnia della moglie Teresina Villanzoni e delle due figlie…la Mafalda, Maffy per i pochi intimi, … e la Carlina.

Ma un destino crudele aveva voluto che sotto il suo stesso tetto abitasse pure la sciura Bettina Chiappetti, la frizzante madre novantenne della Teresina…E proprio la suocera dell’Artemio quella domenica tre marzo si rese assoluta protagonista di un’insolita barzelletta paesana…

L’Artemio stava dunque tornando a casa sulla sua” limousine” poiché si era fatto all’improvviso buio…e fischiettando, come uno scolaretto, lieto in cuor suo, pregustava quel piatto di riso e rape che lo attendeva fumante sul tavolo della cucina…

Purtroppo i suoi desideri furono turbati proprio sul più bello…quando vide all’ingresso del suo cascinale una folla senza precedenti per quella piccola comunità rurale: giornalisti, il prete e perfino Bepi il becchino!

Ma la cosa più scioccante era la presenza dei carabinieri, della forestale, dei pompieri e di due autoambulanze …mancava l’esercito e tutto era pronto per il peggio!

L’Artemio era sbigottito, fermò la “ Limousine” …pensava ad un furto…l’unica cosa veramente importante per lui era senza ombra di dubbio la sua adorata Bianchina…Poi ebbe un sussulto “Forse che la sciura Bettina l’era stada rapida?”

L’idea che qualcuno l’avesse potuto finalmente liberare di quell’ingombrante “Matrona” lo stuzzicava a tal punto da fargli tornare di nuovo quella pazza voglia di intimità con la Teresina…del resto era ormai da parecchio tempo che non l’aveva più veduta come Dio l’aveva fatta!

…E magari perché no! Ci sarebbe potuto anche scappare il tanto agognato erede maschio..

Ma i sogni di gloria del Casanova della Bassa Bergamasca furono brutalmente infranti dall’arrivo della Maffy.( La Maffy era conosciuta in zona con l’infausto appellativo di “ VESUVIO” a causa di tutti quei grossi crateri che prendevano forma su quel ghigno tozzo ed indelicato.

I suoi diciotto anni erano distribuiti in un metro e cinquanta di altezza per cento chili di grasse frustrazioni…si faceva prima a saltarla piuttosto che a girarle intorno!

Ora era single – come lo Zio Sam insegna- o zitella per i nostalgici del bel parlato…ma fino a tre mesi prima era la devota compagna di Felicino Paoloni il figlio del macellaio…ma una questione di logistica della stessa coppia li aveva separati per sempre…Anche se le malelingue del paese andavano dicendo in giro che il vero motivo di questa débacle era da attribuirsi completamente alla povera Maffy…Sembrerebbe infatti che la sventurata, durante un amorevole valzer a due, avesse – nella foga della passione- compromesso la gabbia toracica del Felicino…)

La ragazza infatti si avvicinò al padre sussurrandogli all’orecchio delle frasi sconvolgenti. L’uomo impallidì all’istante ed alzando lo sguardo basito al cielo borbottò:

“ Ma che t’ho fatto Bettina…perché ce l’hai con me ?…”

Eh sì ! la sciura Chiappetti era la star del giorno…ora si trovava sul tetto della casa in camicia da notte di pizzo nero…cappello da mondina e sciarpa della DEA al collo…al petto stringeva una vecchia valigia di cartone…

Tutto era nato perché quel giorno Mike Bongiorno le aveva dato buca…la sua televendita preferita quella del prosciutto era stata tagliata per dare spazio al faccione sornione dell’impavido Emilio …e lei non ci stava! 

Così sconfitta a malincuore aveva cambiato programma…l’avesse mai fatto! Sul suo schermo apparve lui …il Duce, fulgido nella sua uniforme di gran gala, e lei d’improvviso si era riscoperta giovane e spensierata! E proprio le note di Giovinezza l’avevano indotta a salire su quel tetto in segno di protesta …Nessuno purtroppo era riuscito a farla desistere dal suo folle disegno…neppure il buon  Pozzan della Vita in Diretta…Aveva persino preso parte a quella delicata situazione …tentando di raggiungere la vecchina sul tetto…l’accattivante Don Aristide Mombelli , aitante curato campanaro… 40 anni e non sentirli!…

Ma a metà del suo percorso era stato costretto a rinunciare all’impresa a causa della sequela di ingiurie che l’inerme donnina aveva fatto uscire da quella sua dolce boccuccia non del tutto vergine…

La sciura Bettina era là in quel contesto alquanto grottesco perché a suo dire era stato Benito stesso a chiamarla…lei non doveva fare altro che aspettare quell’aereo tedesco  che l’avrebbe prelevata e condotta sulla via della salvezza…sarebbe giunta in un luogo magico dove si sarebbe potuta ricongiungere con il suo amato Gino …Il Gino per dovere di cronaca non era mai tornato dalla Grecia e nessuno seppe mai più nulla di lui!

L’arzilla vecchietta non aveva per nulla intenzione di scendere da quel tetto…lei era certa in cuor suo che l’aereo sarebbe arrivato….del resto lo aveva anche detto Giorgino che lo sciopero dei voli era stato revocato! E per lei Checco nazionale era istituzione allo stato puro! Tanto è vero che nel momento in cui il giornalista fu allontanato dal piccolo schermo …lei entrò in una tremenda fase di depressione…perché la sola idea di non cenare con lui a lume di candela la faceva uscire pazza…

Mentre fuori si stava scatenando l’inferno; l’insensibile Teresina, pasticciando in cucina, sperava di trovare il pacco da 500.000 euro e di andare il più lontano possibile dal marito e dalle figlie.

La folla sotto quel tetto aumentava a vista d’occhio …Forse gli avvoltoi pensavano che l’indomani sarebbero finiti da Bruno Vespa e magari perché no…una fiction da protagonisti!

Ma alle 20.30 di quel fatidico 3 marzo avvenne il miracolo…dal tetto incriminato volò la valigia di nonna Bettina…una pioggia di mutandoni di lana;calzettoni; foto del Gino in divisa da aviatore; un vecchio disco di “Giovinezza” e l’immancabile busto del “buon “ Benito …

E così dieci minuti dopo la vecchina era planata sul mastodontico  materasso di quei pompieri allibiti.

Senza dare alcuna spiegazione entrò in casa…e con una non curanza degna di una diva delle più consumate si accomodò sulla poltrona di velluto verde del povero Artemio …isolandosi dal mondo.

Aveva completamente dimenticato che proprio quella domenica sarebbe andata in onda l’ultima ed imperdibile puntata di “ Orgoglio”…e lei non poteva mancare! Doveva sapere se la Marchesa avrebbe consumato con il contadino…

Niente paura l’aereo mandato dal Duce sarebbe ritornato l’indomani…Fuori c’era un po’ di foschia!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SVOLTA DI BARBARA

 

 Barbara Persiani era una sciocca ragazzina di provincia. Frequentava il liceo classico non per merito o perché possedesse una sorta di cervello fruttuoso, capace di portare a termine, con grande onore, una simile impresa … ma per casta! Lei era l’improbabile figlia del leggendario notaio Guido Persiani, omuncolo avido e gran porco di professione. Un nome … una garanzia per quel piccolo ed inutile paesello di provincia, falso ed ipocrita per conclamata necessità!
Sprovvista di morale propria e di ingegno umano, la poverina … cretina per innata vocazione … campava a sopravvivere glorificandosi con il mondo intero per quel suo corpo da pin-up e per quella sua fisicità tanto discutibile che avrebbe fatto uscir pazzo un casereccio Michelangelo da due soldi dei nostri giorni.
Alta, slanciata … le provocanti forme al posto giusto, armonizzate ben distribuite nei punti strategici e decisamente al posto giusto … in uno spettacolo di piacevole idillio, che suscitava così i più bassi istinti animaleschi di chiunque per sfiga sua si trovasse al suo gentil cospetto.
Nel piccolo borgo medioevale lei era conosciuta come una leggiadra farfalla che non disdegnava affatto passare con facile disinvoltura da un fiore all’altro!
Quanta gioia e quanta beneficienza aveva dunque elargito con una assai gravosa presunzione di sé!
La sua giornata tipo … a parte parcheggiarsi cinque ore dietro un banco di facciata, la mattina … consisteva nell’autocelebrazione del suo ego smisurato, nella venerazione estrema di quella sua paciosa femminilità disarmante ed ammiccante allo stesso tempo. Il pomeriggio cherie trascorreva tre noiosissime ore in una palestra super lusso per modellare cosce e glutei, affinché quella sua carne così soda e accattivante non provasse la vergogna di un tragico e inevitabile declino nella valle della mediocrità!
Immancabile nel carnet della Barbara il the delle cinque rigorosamente sorseggiato nella caffetteria più in di quel piccolo paesello di stolte creature allo sbando. Naturalmente come una vip che si rispetti … lei non compariva mai sola sul luogo del delitto! Se Giorgio aveva da fare, Carlo il ganzo era già pronto a far da cavalier servente … e poi c’erano Gianni, Michele … Piero e all’occorrenza l’esercito della salvezza!
Chiunque partecipasse alla sacralità delle cinque si vedeva poi obbligato ad accompagnare la figlia del notaio Persiani nella via centrale di quel covo di vipere invidiose; cosicché la medesima fanciulla, gongolante del suo essere falsamente donna, potesse mostrare ai comuni mortali quanto di buono la natura le aveva elargito!
Per Barbarella il tempo andava incalzando e quindi, dopo aver concesso lo straordinario onore di una sua indimenticabile passerella e dopo aver stuzzicato i pruriti di quei quattro cafoni arricchiti, tornava beatamente sorniona nel suo caldo nido.
La dimora Persiani più che una casa non era altro che un grande e lussuoso albergo cinque stelle: gente che entrava; gente che usciva ad ogni ora del giorno.
Qui in queste mura di amorale perdizione, la ragazzina si faceva quattro salti in padella e poi come la Marylin dei Poveri subito in bagno, pronta per il restauro! La nottata era tutta sua!
Alle venti e trenta minuto più minuto meno, una cabriolet grigio metallizzato l’aspettava con estrema devozione nell’angolo più buio della via, lontana da occhi indiscreti e domande alquanto imbarazzanti e ridondanti!
E lei, la regina della notte, come una cenerentola senza orologio, alle quattro del mattino, annunciava il suo rientro, scendendo da un fuoristrada giallo titty e cantando a squarciagola una “tenera melodia” dedicata al buon e vecchio dio Bacco!
Barbarella era solita, come da copione, al sabato … disdegnare l’impegno scolastico, poiché urgeva l’irrinunciabile appuntamento con Fabrice, il coiffeur … amico e confidente. E sia mai, crollasse il mondo, che un sabato lei potesse rinunciare a questa goduriosa necessità!
I suoi capelli erano una priorità a prescindere, era vitale per lei trascorrere il sabato al salone di bellezza: la sua chioma doveva passare ad ogni costo da quel biondo paglierino, oramai demodé, a quel rosso acceso … da professionista titolare indiscussa di quel palo 17!
Generalmente il week-end era per la giovane Persiani l’occasione migliore per frequentare quella beauty farm all’ultimo grido … ma soprattutto l’occasione più ghiotta per sedurre – in incognito- l’ultimo sventurato di turno!
Eh sì! Avere una relazione stabile e sicura con la dolce Barbarella significava non solo assicurarsi un piccolo crack finanziario; ma principalmente mettere in preventivo l’acquisto certo di un pacchetto completo di sedute terapeutiche presso un buon psicoterapeuta, nella speranza più rosea di aver quel colpo di sedere per ritrovar se stessi!
Accadeva in una fredda notte di dicembre … mentre la nostra Barbarella, rintanata sotto quel piumone di oca giuliva, guardava un film col bel Di Caprio … all’improvviso la svolta! Una scritta piccola … piccola scorreva frettolosa ed intrigante su quello schermo piatto ultimo modello. Si cercavano infatti nuovi talenti per una serie televisiva; era gradito un bel personalino!
Così l’indomani, zaino di Prada in spalla, tra le mani una fetta di pane con la nutella … la nostra piccola eroina era seduta su quel pullman di terzo livello: direzione capitale!
La noia più nera sembrava accarezzare quel viaggio interminabile. Ma in una stazione, dimenticata da Dio, lo sguardo seducente di quella Bovary nostrana, scrutando oltre quel finestrino sporco di cacca di uccello, incrociava sguardo malinconico di giovane ragazzo trasandato.
Com’era diverso quel seducente vagabondo! Capelli corvini, lunghi … portati ribelli fin su quelle due spalle ben messe … occhi verdi come lo smeraldo più puro, tristi, dannatamente tristi. Vicino a lui una vecchia chitarra malconcia: non era certo uno di quei soliti viziati figli di papà ai quali lei stessa si era concessa a cuor leggero!
Il pullman si fermò come per magia e Barbarella, per la prima volta, agì dunque d’istinto … non pensando al suo proprio tornaconto … MIRACOLO! Raccolse il suo zainetto di Prada e senza pensarci corse incontro al vero amore!
Nel piccolo e stonato borgo di plastica nessuno la vide più! E quei pochi che giurarono di averla incontrata … dicevano di averla veduta in giro per l’Europa, nelle piazze delle più importanti capitali: il pallido cavaliere servente suonava con quella chitarra sgangherata melodie di cuore e lei leggiadra, come l’ultima étoile, danzava sulle ali di una ritrovata felicità, finalmente libera di essere realmente se stessa!

 

LA MELODIA DI SYBILLE

 

 

La vita scorreva lieta in quella piccola cittadina di provincia, dove ogni cosa sembrava priva di volgarità, dove ogni sentimento umano si proiettava dunque in modo benevolo e creava una sorta di primavera sensoriale …

E lei la giovane studentessa appena diplomata al conservatorio si apprestava in quella calda domenica di fine luglio a lasciare quel nido d’ovatta, che l’aveva fino quel giorno garbatamente svezzata.

Dopo aver raccolto i pochi brandelli di una vita piatta si incamminò di buon grado, con passo celere,  verso la stazione … felice in cuor suo, come una giovane mente ardimentosa d’apprendere i segreti velati del buon vivere … e non voltandosi più indietro salì sul treno, anche se in un dolce istante di tenera commozione … le scese furtivamente su quel viso ambrato una lacrima, mentre il suo nido piano piano scompariva nel nulla. E con esso se ne andavano così i rancori e i fantasmi di un passato ancora troppo recente!

La ragazza, con la fantasia di un poeta ancora in erba, cercava, con fatica, nella sua testa ancora alquanto scossa da quegli eventi … che si susseguivano incalzandola, risposte certe sul suo domani!

Amore veritiero, cercava invano! Non era certamente brutta la ragazzina di provincia, eppure Afrodite … capricciosa per natura … l’aveva sempre punita con passioncelle futili ed erronee, che attimo dopo attimo, l’avevano – ahimé- catapultata in tetri labirinti di lacrime e di ostilità.

All’improvviso, come in una favola di genere che si rispetti, ecco, dunque, un’inaspettata magia, piovuta da un cielo assai benevolo e prolifico di bontà! Apparve dal nulla giovane presenza fulgida nella sua uniforme di gran gala … con passo celere e sicuro … catalizzava su di sé … sguardo voglioso di giovane donna, assettata di sentimento sincero.

Nessuna parola di cortesia ci fu nell’aria! Solamente un intrigante ed intenso gioco di pura e sana perversione di sguardi e di intese reciproche … come se quelle due creature angeliche fossero per fato e cospirazione divina obbligate all’incontro !

E quando quel treno -di una felicità a portata di mano – si arrestava dolcemente e quel giovane uomo vestito di gloria propria apriva lo sportello,  in quella calda sera di mezza estate; la fanciulla, nel suo pieno turbinio di emozioni in esplosione di divenire, raccolse la sua  piccola storia, seguendo quindi il suo cuore innamorato.

Camminava … camminava contenta, come quel fragile pargolo in cerca d’affettuoso seno materno … certa in anima sua di trovare quella sincera risposta, che l’avrebbe realmente fatta sentire donna … vera e finita!

Il ragazzo entrò quatto quatto in un grande parco, vegliato con cortesia d’intento da quel muto leone alato, posto al centro di quell’idilliaca scena d’autor … e proseguì, con il suo fiero incedere, degno della parata meglio riuscita, lungo quel viale di cipressi secolari … fino a quando si trovò d’innanzi ad un’antica porta dall’austero aspetto, che conduceva nel castello della sua tragica infanzia.

E lei …  meravigliosamente Sybille, fremente e sempre più coinvolta da quel fitto mistero d’amore, aveva assistito impassibile ad ogni focoso passo di quel pallido milite!

Senza riflettere e senza porsi alcun quesito di genere; decise di aprire senza indugio la porta di quel desiderio suo più intimo. E come moderna Arianna sfidò con immaginario filo quel suo gaudioso labirinto …

La sua andatura risultava tarda e lenta, ma nonostante ciò il suo piccolo cuore estasiato pulsava all’impazzata, come se dovesse da un momento all’altro scoppiare di cotanta contentezza!

Salì una scala a chiocciola, ritrovando finalmente davanti a sé quel suo pallido eroe d’altro tempo … e i suoi pensieri, che fino a quel giorno erano sempre stati puri, si fecero sorprendentemente torbidi ed incontrollabili!

Gli occhi cerulei di lei lo incalzavano senza pietà … come quel leggero venticello, amico sincero di un Shelley, fine poeta. Mentre lui, l’Alessandro … gran condottiero dei giorni nostri … avanzava timido su quella scacchiera immaginaria.

E quando fu al cospetto della sua gentil Fedra … accarezzò con quelle sue forti e vogliose mani i folti e biondi capelli di lei, mentre le ore … i minuti ed i secondi – come antichi amoretti dispettosi – trascorrevano furtivi e malandrini permettendo loro, teneri amanti in estasi di sensi, di giocare con la loro spiccata sensualità!

Lui con una mano tremante d’emozione le andava sbottonando quella bianca camicetta d’organza e con l’altra si occupava garbatamente di quel tenero e giovane seno … mentre lei per la prima volta ammetteva a sé stessa di sentirsi finalmente donna!

E quando i due si sentirono improvvisamente nudi, come Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, si rifugiarono sotto morbide lenzuola di seta nera.

La notte si disperse quindi in una assai piacevole melodia di cherubini gioiosi, che, in un girotondo sfrenato d’ilarità, gridavano al modo la possibilità  di credere  ancora all’amore.

Il sole, l’indomani, danzò puntuale in quella stanza del piacere … baciando in fronte l’ignara Sybille … lui non c’era più!

La guerra, maledetta guerra, lo aveva rapito in una follia sconclusionata … e lei stordita si accasciava su quella vecchia poltrona di velluto verde.

I giorni passavano tiranni e del giovane solo meravigliosi e sfocati ricordi in un costante fermo immagine … e nell’aria cupa vagava mesta quella canzone oramai nostalgica!

Sybille, fedele come Argo nei confronti del suo amato Odisseo, si consumava in un pianto ininterrotto … come se fosse mesta candela in una notte dannatamente buia … dietro a quella finestra dalle tende strappate da un lancinante dolore senza fine …

E alla fine seppe!

“come burrasca benevola

Il peso del passato … l’avvolse

E lei tremava in quelle dolci lenzuola di seta nera

Viaggiava incalzando la sua giovane fantasia repressa

Come Didone splendida

Negli inferni danteschi …

Dove sei? Cosa fai?

E all’improvviso nefasto presagio di una morte annunciata

Macchia di sangue apparve!

Quel ragazzo dal volto triste

Fulgido in quella sua uniforme di prestigio

Giaceva sul freddo suolo

In terra straniera

Come un vecchio albero stanco

Del proprio vivere …

Lacrime solo lacrime

Offriva quel viso di donna

La dea Guerra aveva dunque

Un’ altra giovane vittima

Sedotto ed abbandonato!”

 

LA CANZONE DI SABINE

 

 Sabine era al settimo cielo …ancora dieci giorni e sarebbe diventata la blasonata signora Von Schlagen.

Alla soglia dei trent’anni poteva ritenersi davvero molto fortunata: una brillante carriera come modella, il suo adorato Hagen… giovane e rampante avvocato divorzista di nobili natali… e l’amore incondizionato di quel suo cocker spaniel, Cesar…

Che altro volere dalla vita? Forse…anzi sicuramente …il poter stringere al suo seno un angelo biondo da educare e preparare alle intemperie della vita.

L’amore per il suo Hagen era nato due anni prima in un modo quasi imbarazzante, durante un evento mondano al quale la ragazza doveva fare da madrina …e proprio qui accadde il delizioso imprevisto che avrebbe dunque fatto da start up alla loro meravigliosa storia d’amore…

Infatti mentre Sabine stava svelando le misteriose fattezze della statua ricoperta da quel tessuto di velluto dorato,una spallina un po’ troppo libertina del suo vestito fiorito si ruppe come per magia benevola e dallo stesso abito scivolò fuori…incautamente… il suo tenero seno, regalando momenti di grande ilarità ed imbarazzo generale…al pubblico presente, soprattutto a quello maschile.

E a questo punto l’impavido Hagen Von Schlagen percependo a pelle l’imbarazzo della giovane donna…si alzò in piedi e raggiunta la pallida vestale in evidente stato confusionale …la coprì con tenerezza offrendole la sua giacca di gala.

Da quel momento i due giovani divennero una cosa sola…e non importava che la ragazza non fosse di nobile stirpe…a nessuno doveva interessare che Sabine era di umili origini, il padre un modesto imbianchino e la madre una donna di servizio presso un facoltoso notaio…

La cosa importante era che la stessa ragazza per amore del suo uomo aveva deciso di sua sponte di riprendere gli studi di filosofia, sempre tenendo conto dei suoi innumerevoli impegni di modella in giro per il mondo.

E non contenta di ciò, Sabine si era messa anche d’ingegno per apprendere in breve tempo tutte quelle innumerevoli regole di bon ton che la blasonata posizione sociale di Hagen le imponeva di conoscere a mena dito…del resto l’aristocrazia non faceva sconti a nessuno!

Quindi con quella sua caparbietà che la contraddistingueva vi era riuscita in modo impeccabile, diventando così la musa ispiratrice dei salotti dabbene.

Oramai i giochi erano fatti …la villa sulla collina era quasi pronta, il viaggio di nozze stabilito …ed ogni più piccolo dettaglio dell’imminente sontuosa cerimonia non era stato lasciato al caso!

Si poteva dire a pieno titolo che ogni cosa collimava alla perfezione come gli ingranaggi del più complicato orologio svizzero!

Eppure ahimè qualcosa nell’aria stava cambiando…lo si sentiva a pelle, anche le gambe cominciavano a fare giacomo giacomo! Grossi nuvoloni neri come esuli pensieri di morte stavano minacciando con ferocia una forte tempesta sulla vita dei due futuri sposi! E senza pietà stavano annunciando un finale al cardiopalma, un finale che avrebbe lasciato tutti a bocca aperta…

Ebbene sì … il giovane Hagen a pochi giorni dal fatidico giorno non era più lui! Aveva smesso senza motivo di frequentare la palestra…disertava senza alcun perché il suo adorato lavoro ed ogni impegno sociale presente sulla sua fitta agenda.

Era divenuto apatico ed ogni cosa che lo circondava non gli dava più stimolo, non gli regalava alcuna emozione….anzi lo infastidiva e lo torturava a tal punto da doversi rifugiare nei piaceri di Bacco e nella vigliaccheria di quella maledetta polvere bianca.

Della sua bellezza di dandy romantico non era rimasto più nulla! Al suo posto un vecchio giovane dal volto scavato e dalle mani tremanti.

Perfino la sua amata Sabine era diventata per lui una sorta di zavorra da cui liberarsi al più presto, un peso orripilante da gettare al più presto nel buio della valle dell’oblio!

Non riusciva più a guardarla negli occhi …non poteva più accarezzarle quelle gote d’alabastro…quel suo profumo di primule a primavera gli dava la nausea …tutto di lei gli faceva schifo! Figuriamoci il sesso…una punizione da evitare a tutti costi!

Per non soccombere in modo definitivo nella frustrante rabbia della propria impotenza, Hagen era sceso dal treno della vita e si era definitivamente raggomitolato in quella sua opprimente scatola di dubbi e di paure, fuggendo a torto la verità di sé e lasciando nell’angoscia più profonda la povera e sconcertata Sabine…la quale non riusciva a comprendere il motivo per cui proprio il suo più grande sogno stava andando alla deriva.

La ragazza infatti era come se si fosse svegliata da un incubo…intontita…quasi drogata dagli eventi stessi…sembrava quasi che la terra le si assottigliasse sotto i piedi.

Non riusciva bene a comprendere la ragione più intima di quella improvvisa ed inaspettata sciarada…

E fu così che la sventurata prese il coraggio a due mani di recarsi nell’appartamento del suo ex…voleva a tutti costi sbattere la testa contro quel possente muro di menzogne e di verità!

Appena Sabine aprì la porta di quell’appartamento rimase sconvolta da quanto le si presentava davanti a quei suoi occhi increduli…un’accozzaglia di rifiuti biodegradabili e non erano sparsi senza ritegno su tutta quanta la superficie emanando un puzzo indescrivibile …un fetore allucinante che torturava senza pietà il respiro della donna che si faceva sempre più difficile…povera creatura! Si sentiva come un pesce fuor d’acqua …un fantasma tra le macerie di un declino umano.

La ragazza tremante si fece dunque forza e cominciò a farsi largo tra l’acre odore ed il pattume accumulato… si fermò solamente nel momento in cui, alzato il capo di scatto, riconobbe la sciagura! Dal soffitto pendeva il corpo inanimato di quel principe del foro…suo grande ed unico amore!

Sabine si accasciò tenendosi prontamente attaccata alla vecchia poltrona di stoffa verde che ornava il salotto di quella camera mortuaria…

Il cuore le batteva all’impazzata e quelle mille lacrime di un dolore lancinante non smettevano più di bagnarle il suo sguardo assente, ormai perso nella malinconia più nera!

Perché l’insensatezza di tale gesto?…una busta gialla…una sola cruda verità!

“caro amore mio…ti ho voluto bene …un mondo di bene…credimi! ma forse la mia affezione nei tuoi riguardi era più fraterna che passionale! E non per colpa tua! Del resto mia dolce Sabine provare un sentimento di trasporto nei tuoi confronti è facile…oserei dire quasi naturale.

La tua bontà d’animo, la tua gentilezza verso l’altro conquistano a prima vista …ed io-bambino dentro- fragile e confuso mi sono rintanato nella certezza del tuo amore ovattato…così puro e gratuito…che egoista ho preso tutto da te e non ti ho dato nulla di me! Che bastardo! Dentro di me ho sempre saputo la verità…quel tormento del mio segreto più intimo!

Ti ho chiesto in sposa per reprimere la mia vera natura…per nascondere a me stesso e soprattutto agli altri la mia indole…la mia veritiera inclinazione sessuale…

Ti ho usata in modo squallido facendoti terra bruciata intorno costruendoti inutili castelli di sabbia…

E non mi sono reso conto di averti rinchiusa in una gabbia di menzogne e di consuetudini…e adesso che ti consegno di nuovo la tua libertà ….mi sento un fallito…un miserabile…un vigliacco!

Mi tolgo la vita perché non posso più restare qui…ho detto a Rudolph del mio trasporto nei suoi riguardi…e lui mi ha guardato con sufficienza …ridendomi in faccia.

Non contento di ciò mi ha massacrato via computer rendendomi l’ultimo giullare di corte…la vittima ideale per la gogna mediatica!

Basta! Non ce la faccio più! Voglio solo sparire nell’oblio di una notte eterna e risvegliarmi tra le braccia vogliose di un salvifico MORFEO!…

Perdonami!

Ti bacio…un arrivederci

Tuo per sempre Hagen

 

La ragazza sconvolta uscì da quell’appartamento chiudendo dietro di sé la porta di quella realtà inconfessabile 

Per la prima volta nella sua breve esistenza Sabine aveva subito una clamorosa sconfitta … il destino aveva così segnato un punto a suo favore!

 

chiudere gli occhi
raggomitolato
nell’angolo più buio
di un’anima sdrucita

vomitare senza ritegno
quell’assordante
MALINCONIA
perché dentro di te
ti scopri più bastardo che mai

prendere la rincorsa
per diventare
il vero sicario
di te stesso…

 

mi spezzo
silenziosamente
contro quel muro
di gratuite meschinità
che ostruiscono
il ricordo sbiadito
di un volo di gabbiano
nelle avvolgenti braccia
di Eolo innamorato

indosso
a tradimento
quella maledetta maschera
di CONSUETUDINE
che mi opprime…
e
il respiro
si fa sempre più
EVANESCENTE
….

STUPIDA ILLUSIONE!

mi fingo a più riprese
gioioso
nel vomitare
istante dopo istante
questa mia vita
che non
mi appartiene

per poi
la sera
delle mille verità
guardarmi dentro
e riscoprirmi
BASTARDO
più che mai!

 

 

 

 

 

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