“La
ragazza che amava Picasso”, romanzo d’esordio di Camille Aubray, edito dalla
casa editrice Piemme, costo al pubblico euro 19,50, rappresenta in un certo
senso un amore appassionato ed appassionante per la Costa Azzurra e per l’arte
in ogni sua forma e bellezza. L’autrice stessa sceglie di descrivere dunque un
momento assai particolare dell’intensa vita del genio spagnolo; che del resto è
stato anche un grandissimo amatore.
La sua frenesia creativa,
che ha incanalato, con estrema dolcezza e delicatezza, nelle sue molte pitture
e sculture, è andata sempre alla pari con le sue numerose e documentate
vicissitudini sentimentali. Le sue numerose relazioni amorose sono state
estremamente complesse ed assai travagliate: da quella con la prima moglie Olga
Korlova, la giovane danzatrice che ha dato alla luce il piccolo Paulo; a quella
con l’ingenua modella Marie- Thérése Walter, dalla quale il maestro ha ricevuto
in dono la figlia Maya … dalla famosa fotografa Dora Maar alla tosta e
libertina Francoise Gilot, madre di Claude e di Paloma, che ebbe l’impensabile
primato di essere stata, forse l’unica donna, capace di lasciare l’indomabile
Pablo; vendicando così tutte le altre.
Camille
Aubray in questa sua pregevole opera d’esordio ha dunque una naturale e
piacevole capacità di mischiare, con pregevolezza e dovizia d’intento, fantasia
e realtà, creando in questo modo una melodia di contenuti, che intrigano e
coinvolgono emotivamente lo stesso lettore attento e visibilmente rapito dalla
medesima economia di questa narrazione.
L’autrice
racconta quindi un anno assai particolare per Picasso. Ci catapulta quindi, suo
buon cuore, nell’anno 1936, quando il sommo artista fugge in una rocambolesca
marcia di “ protesta”, in rottura con la frenetica vita della capitale
francese, perché cerca un luogo adatto per lavorare in assoluta libertà. E lo
trova a Juan-les-Pins … un inimmaginabile paradiso terrestre , dove il cielo
azzurro si confonde poeticamente con il
mare cristallino.
È inutile dire che in
questo luogo di magia Picasso ha la straordinaria opportunità di ritrovare
finalmente il suo io più intimo; finalmente ha la straordinaria occasione di
riunire il suo nesso umano con quello della natura, dando vita in questa
maniera ad un pathos emozionale che tocca tutte le corde più intime e segrete
dell’arte, un’arte intesa come un tutt’uno con una realtà trascendente ed
illuminata.
In questo luogo paradisiaco
ed estremamente lontano dalla corruzione di una Parigi modaiola e forviante, si
può perciò tranquillamente affermare che il medesimo artista spagnolo ha avuto
la concreta opportunità di lavarsi – come ha fatto, a suo tempo, il Manzoni
nelle “ sacre” acque dell’Arno in Terra Toscana- la sua anima poetica …
un’anima fino a quel momento sdrucita che, dopo un vero e proprio black-out di
forma, prende coscienza di sé! E si rialza, vestendosi di una nuova dignità
preziosa. Si riprende così la sua giusta autorevolezza e riammette a sé la sua
ispirazione più bella e più pura!
Si assiste in questo modo
ad una sorta di rinascita a tutto tondo del maestro Pablo … dell’artista
Picasso … in tutto il suo splendore; in tutta la sua meravigliosa aurea di
grande forgiatore del Bello Ideale!
Qui
l’artista si stabilisce in incognito e come per incanto il suo pennello, fino a
quel momento astemio di ispirazione, riprende a danzare sulla tela intonsa, e
quindi il maestro riprende a pieno ritmo a dipingere, dopo una lunga pausa di
inattività forzata. E nei suoi quadri comincia ad apparire una misteriosa
ragazza dai capelli neri e fluenti.
Si
tratta di Ondine, una giovane ragazza dall’età apparente di circa 17 anni, che
lavora come cameriera nel piccolo ristorante della madre. Una figura femminile
che diventa famigliare per lo stesso Picasso, in quanto la stessa ogni santo
giorno gli porta a domicilio i suoi pasti.
L’incontro
tra il genio e la tenera fanciulla, ambasciatrice della nouvelle cusine
francese, si trasformerà dunque nell’emblema della “gioia di vivere.
Tra i due protagonisti
indiscussi di questa prima fatica letteraria di Camille Aubray nascerà quindi
una tenera ed innocente amicizia i cui effetti dureranno perfino nel tempo;
infatti molti anni dopo Cèline, nipote di Ondine, truccatrice in quel di Los
Angeles, prenderà la decisione di intraprendere un viaggio nel Sud della
Francia per comprendere fino in fondo il valore intrinseco e l’essenza stessa
del rapporto tra sua nonna e la leggenda della pittura, andando così alla
ricerca del passato e di se stessa.
La
Aubray ha il merito di aver confezionato un delizioso affresco tessuto con
sapienza e intensa generosità emozionale. È come se lei stessa, quasi invasata
dallo spirito guida del maestro, avesse dipinto una tela appassionata, usando
pennellate soffici ed avvolgenti … avvalendosi di colori caldi ed intensi
immersi in una luce soffusa che accarezza e tocca armoniosamente il cuore
vibrante di quel lettore curioso che si lascia sedurre da questa piccola narrazione
di genere.
È
lecito quasi azzardare, con cognizione del poi, che il lettore stesso, leggendo
questo gradevole romanzo di maniera, ha il grande privilegio di entrare, con
silenziosa forma di rispetto e
soprattutto in punta di piedi, in un quadro immaginario, ben fatto e ben
confezionato, dove, con garbo ed eleganza viene trasportato in un mondo
parallelo, dove tutto è poesia, dove ogni cosa è da vivere intensamente e da
esplorare fino in fondo!
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