Erano per la maggior parte italiani, una certificazione che garantiva l’origine controllata della creatività del tempo. Erano musicisti, architetti, decoratori, pittori, poeti, cantanti e librettisti, tutti richiesti dalle corti d’Europa quando la provenienza artistica italiana rappresentava la migliore espressione in ogni forma d’arte. Il Congresso di Vienna (1815) aveva decretato ripartizioni e confini nel periodo successivo al travolgente periodo napoleonico. Si poteva quindi ricominciare. Crema, appartenente all’Impero Austro Ungarico, è presente all’appello.
I teatri d’Italia
Ranuzio Pesadori, nato a Crema il 10 aprile 1800 da famiglia cremasca, all’epoca aveva venticinque anni e, dopo la formazione musicale e l’apprendimento necessari per creare le adeguate competenze, aveva già calcato le scene dei più importanti teatri d’Italia tra i quali La Fenice di Venezia, il San Carlo di Napoli, il regio teatro di Crema del Piermarini e il Teatro della Residenza reale di Messina. Emergevano dall’espressione vocale sia l’abilità interpretativa che l’ottima attitudine scenica, qualità che comunicavano la sensazione di una intensa partecipazione. Così dice la Rivista Musica, Roma, maggio 1918: “Ranuzio Pesadori sorprendeva per la chiarezza, uniformità ed estensione della sua voce, per la spontaneità con la quale sapeva affrontare le fioriture in questo fu emulo del suo contemporaneo Rubini”.
Alla corte di Federico Augusto
Viene assunto in qualità di tenore presso la corte di Sassonia. La fama del giovane tenore italiano raggiunse il re Federico Augusto che lo convocò a Dresda con regolare contratto in qualità di tenore sia del Teatro, sia della Cappella di Corte. Iniziò in questa occasione la collaborazione con il grande maestro Francesco Morlacchi, direttore dell’Opera Nazionale Italiana a Dresda. I due famosi musicisti cremaschi quali Pietro e Giovanni Bottesini omaggiano il celebre tenore. Le carriere artistiche, in modo particolare quelle musicali, ebbero l’opportunità di intrecciare tra loro i propri destini, e così avvenne a Crema, città che diede i natali a illustri musicisti. Troviamo una composizione di Pietro Bottesini, padre di Giovanni, dedicata a Ranuzio Pesadori. Ma anche il figlio ebbe l’occasione di incrociare la sua attività artistica, sebbene molto giovane, con Ranuzio.
Le sponde del fiume Elba
Il 10 maggio 1834 nella Gazzetta della Provincia di Lodi e Crema viene riportato l’intrattenimento tenuto presso il Teatro della Regia Città di Crema, Accademia vocale ed strumentale, quando Giovanni Bottesini giovanetto accompagna nel canto Ranuzio Pesadori. “Lasciate per poco tempo le sponde dell’Elba che Dresda fanno ridente, calò in Italia il Sig. Ranuzio Pesadori cremasco, che già da nove anni ha stanza nella detta Capitale, ove copre l’onorifico posto di Primo Tenore della Cappella e Teatri di Corte. Nella sala del Ridotto il Pesadori al suo primo apparire venne jeri sera salutato con vera espansione di cuore da suoi compatrioti. Vivi e poi sempre più crescenti furono gli applausi allorché spiegò con tanta maestria la sua bella voce nel duetto della Straniera e nel bellissimo duetto dei Capuleti e Montecchi col giovanetto sig. Giovanni Bottesini”.
Il grande amore, Antoinette Helene Pechwell
Ranuzio, giovanissimo talentuoso venticinquenne del tempo, svolge a Dresda la sua intensa attività artistica nella quale irrompe, dopo circa otto anni, il grande amore, un vero coup de foudre. Antoinette Helene Pechwell è compositrice musicale, allieva di Alexander Klengel, eccellente concertista, pianista e suonatrice d’arpa, ma anche uno spirito intraprendente e brillante. Di lei parla Frederic Chopin nelle sue lettere ai familiari. Antoinette è figlia d’arte, il padre Joseph era stato rinomato ritrattista ed anche alto funzionario sovrintendente della Galleria d’Arte della Corte di Dresda. La frequentazione presso la Corte sassone rappresenta per Antoinette una quotidiana abitudine ed in questo affascinante contesto nasce l’intensa liaison amoureuse. Siamo nel maggio – giugno 1832, momento in cui Ranuzio parte in tournée presso il famoso Teatro dell’Opera di Lipsia, l’Ophernhaus.
Lettere d’amore
Come documenti testimoni di questa permanenza e del sentimento appena sbocciato restano le numerose lettere d’amore in originale che si scrissero in quella circostanza. Questi scritti descrivono le emozioni causate dalla obbligata lontananza, ma anche forniscono indirettamente importanti informazioni su fatti storici e musicali dell’epoca, con precisi riferimenti a particolari personaggi di spicco. Ranuzio e Antoinette si sposarono nella cattedrale cattolica della corte di Dresda. Ma un grande dramma incombeva sulle loro vite: l’adorata Antoinette mise al mondo un bimbo che non sopravvisse, seguito, dopo pochi giorni, dalla stessa Antoinette.
Il ritorno in Italia
In quegli anni l’opera nazionale tedesca prende il sopravvento sull’opera italiana. Lasciata Dresda, dove nuove possibilità espressive rappresentate dalle scuole nazionali di musica stavano affermandosi nei confronti dell’opera italiana, Ranuzio, nel 1835, ritorna in Italia. Ma quale Italia? Un’Italia in pezzi, divisa fra tanti staterelli, un clima tutt’altro che tranquillo anche all’interno di ogni stato, con turbolenze civili causate dalle richieste di cambiamento dei modelli istituzionali al fine di ottenere le varie costituzioni in difesa dei legittimi diritti di libertà. Ranuzio, pur essendo in possesso dell’importante salvacondotto rilasciato a Milano il 28 agosto 1835 dall’Augustissimo Imperatore Ferdinando I, re d’Ungheria, Boemia, Lombardia e Venezia, Arciduca d’Austria ecc. ecc. trova difficoltà di movimento nel passare da uno stato all’altro, un vero handicap per la sua professione.
Il nuovo matrimonio e la vita a Crema
Canta tuttavia di nuovo al San Carlo di Napoli e al Regio Teatro di Messina presso la residenza reale dove si trattiene anche in qualità di docente di canto. Decide poi di ritornare in Lombardia.
La vita continua. Nel 1845, all’età di quarantacinque anni, Ranuzio sposò Carolina Baletti di Crema: la coppia abitò in un bel palazzo lungo il Viale all’acqua, vicino al Regio Teatro del Piermarini. Misero al mondo nove figli e uno di questi, Federico, per l’appunto Federico Pesadori, fece studi giuridici ma la sua fama fu quella d’essere poeta dialettale cremasco. La vita di padre di una numerosa famiglia si svolse tra il palazzo di Crema e la tenuta di campagna in località Castello a Ricengo. Quanto alla professione continuò a cantare presso la cappella del Duomo di Crema, allora diretta dal sommo maestro Stefano Pavesi, anch’egli originario del territorio cremasco. Morì nel 1871. In ultimo, ma non ultimo, Ranuzio Pesadori è il trisnonno materno di chi scrive.
Le fonti
Mario Perolini, Vicende degli edifici monumentali e storici di Crema, Edizioni Al Grillo, Crema1975, pag.362. Severina Donati De Conti, Storia d’amore e di musica nell’Europa della Restaurazione, Fantigrafica Cremona, giugno 2012. Rivista Musica, anno XII, n.9, Roma 15 maggio 1918, Biblioteca Civica di Crema. Rivista Cremona, gennaio 1939. Documenti d’epoca da archivio privato.
I teatri d’Italia
Ranuzio Pesadori, nato a Crema il 10 aprile 1800 da famiglia cremasca, all’epoca aveva venticinque anni e, dopo la formazione musicale e l’apprendimento necessari per creare le adeguate competenze, aveva già calcato le scene dei più importanti teatri d’Italia tra i quali La Fenice di Venezia, il San Carlo di Napoli, il regio teatro di Crema del Piermarini e il Teatro della Residenza reale di Messina. Emergevano dall’espressione vocale sia l’abilità interpretativa che l’ottima attitudine scenica, qualità che comunicavano la sensazione di una intensa partecipazione. Così dice la Rivista Musica, Roma, maggio 1918: “Ranuzio Pesadori sorprendeva per la chiarezza, uniformità ed estensione della sua voce, per la spontaneità con la quale sapeva affrontare le fioriture in questo fu emulo del suo contemporaneo Rubini”.
Alla corte di Federico Augusto
Viene assunto in qualità di tenore presso la corte di Sassonia. La fama del giovane tenore italiano raggiunse il re Federico Augusto che lo convocò a Dresda con regolare contratto in qualità di tenore sia del Teatro, sia della Cappella di Corte. Iniziò in questa occasione la collaborazione con il grande maestro Francesco Morlacchi, direttore dell’Opera Nazionale Italiana a Dresda. I due famosi musicisti cremaschi quali Pietro e Giovanni Bottesini omaggiano il celebre tenore. Le carriere artistiche, in modo particolare quelle musicali, ebbero l’opportunità di intrecciare tra loro i propri destini, e così avvenne a Crema, città che diede i natali a illustri musicisti. Troviamo una composizione di Pietro Bottesini, padre di Giovanni, dedicata a Ranuzio Pesadori. Ma anche il figlio ebbe l’occasione di incrociare la sua attività artistica, sebbene molto giovane, con Ranuzio.
Il 10 maggio 1834 nella Gazzetta della Provincia di Lodi e Crema viene riportato l’intrattenimento tenuto presso il Teatro della Regia Città di Crema, Accademia vocale ed strumentale, quando Giovanni Bottesini giovanetto accompagna nel canto Ranuzio Pesadori. “Lasciate per poco tempo le sponde dell’Elba che Dresda fanno ridente, calò in Italia il Sig. Ranuzio Pesadori cremasco, che già da nove anni ha stanza nella detta Capitale, ove copre l’onorifico posto di Primo Tenore della Cappella e Teatri di Corte. Nella sala del Ridotto il Pesadori al suo primo apparire venne jeri sera salutato con vera espansione di cuore da suoi compatrioti. Vivi e poi sempre più crescenti furono gli applausi allorché spiegò con tanta maestria la sua bella voce nel duetto della Straniera e nel bellissimo duetto dei Capuleti e Montecchi col giovanetto sig. Giovanni Bottesini”.
Il grande amore, Antoinette Helene Pechwell
Ranuzio, giovanissimo talentuoso venticinquenne del tempo, svolge a Dresda la sua intensa attività artistica nella quale irrompe, dopo circa otto anni, il grande amore, un vero coup de foudre. Antoinette Helene Pechwell è compositrice musicale, allieva di Alexander Klengel, eccellente concertista, pianista e suonatrice d’arpa, ma anche uno spirito intraprendente e brillante. Di lei parla Frederic Chopin nelle sue lettere ai familiari. Antoinette è figlia d’arte, il padre Joseph era stato rinomato ritrattista ed anche alto funzionario sovrintendente della Galleria d’Arte della Corte di Dresda. La frequentazione presso la Corte sassone rappresenta per Antoinette una quotidiana abitudine ed in questo affascinante contesto nasce l’intensa liaison amoureuse. Siamo nel maggio – giugno 1832, momento in cui Ranuzio parte in tournée presso il famoso Teatro dell’Opera di Lipsia, l’Ophernhaus.
Lettere d’amore
Come documenti testimoni di questa permanenza e del sentimento appena sbocciato restano le numerose lettere d’amore in originale che si scrissero in quella circostanza. Questi scritti descrivono le emozioni causate dalla obbligata lontananza, ma anche forniscono indirettamente importanti informazioni su fatti storici e musicali dell’epoca, con precisi riferimenti a particolari personaggi di spicco. Ranuzio e Antoinette si sposarono nella cattedrale cattolica della corte di Dresda. Ma un grande dramma incombeva sulle loro vite: l’adorata Antoinette mise al mondo un bimbo che non sopravvisse, seguito, dopo pochi giorni, dalla stessa Antoinette.
Il ritorno in Italia
In quegli anni l’opera nazionale tedesca prende il sopravvento sull’opera italiana. Lasciata Dresda, dove nuove possibilità espressive rappresentate dalle scuole nazionali di musica stavano affermandosi nei confronti dell’opera italiana, Ranuzio, nel 1835, ritorna in Italia. Ma quale Italia? Un’Italia in pezzi, divisa fra tanti staterelli, un clima tutt’altro che tranquillo anche all’interno di ogni stato, con turbolenze civili causate dalle richieste di cambiamento dei modelli istituzionali al fine di ottenere le varie costituzioni in difesa dei legittimi diritti di libertà. Ranuzio, pur essendo in possesso dell’importante salvacondotto rilasciato a Milano il 28 agosto 1835 dall’Augustissimo Imperatore Ferdinando I, re d’Ungheria, Boemia, Lombardia e Venezia, Arciduca d’Austria ecc. ecc. trova difficoltà di movimento nel passare da uno stato all’altro, un vero handicap per la sua professione.
Il nuovo matrimonio e la vita a Crema
Canta tuttavia di nuovo al San Carlo di Napoli e al Regio Teatro di Messina presso la residenza reale dove si trattiene anche in qualità di docente di canto. Decide poi di ritornare in Lombardia.
La vita continua. Nel 1845, all’età di quarantacinque anni, Ranuzio sposò Carolina Baletti di Crema: la coppia abitò in un bel palazzo lungo il Viale all’acqua, vicino al Regio Teatro del Piermarini. Misero al mondo nove figli e uno di questi, Federico, per l’appunto Federico Pesadori, fece studi giuridici ma la sua fama fu quella d’essere poeta dialettale cremasco. La vita di padre di una numerosa famiglia si svolse tra il palazzo di Crema e la tenuta di campagna in località Castello a Ricengo. Quanto alla professione continuò a cantare presso la cappella del Duomo di Crema, allora diretta dal sommo maestro Stefano Pavesi, anch’egli originario del territorio cremasco. Morì nel 1871. In ultimo, ma non ultimo, Ranuzio Pesadori è il trisnonno materno di chi scrive.
Le fonti
Mario Perolini, Vicende degli edifici monumentali e storici di Crema, Edizioni Al Grillo, Crema1975, pag.362. Severina Donati De Conti, Storia d’amore e di musica nell’Europa della Restaurazione, Fantigrafica Cremona, giugno 2012. Rivista Musica, anno XII, n.9, Roma 15 maggio 1918, Biblioteca Civica di Crema. Rivista Cremona, gennaio 1939. Documenti d’epoca da archivio privato.
Commenti
Posta un commento