Fare pace con se stessi. “La ricamatrice di Winchester” di Tracy Chevalier
Tracy Chevalier ci regala un nuovo romanzo, curioso, appassionato e appassionante, La ricamatrice di Winchester (Neri Pozza, traduzione di Massimo Ortelio), una storia che tutto sommato anche al giorno d’oggi può avere ancora il suo fascino e il suo perché, nonostante si parli di una realtà che alla donna contemporanea fa accapponare la pelle e di certo non offre appeal.
Questo romanzo ha il grande pregio di insegnarci in modo garbato che a volte può davvero bastare poco per far pace con se stessi, e che in alcuni casi occorre veramente un solo filo per cambiare in modo quasi surreale e repentino l’intera trama della propria esistenza. È questo dunque che avvince ne La ricamatrice di Winchester.
Ed è ciò che, in questa sorta di splendido racconto quasi epico nonostante la sua modernità, accade a un eroe silenzioso che nel romanzo della Chevalier prende coscienza della sua fisicità e del suo io trascendentale. Si tratta di una donna piacente, intrigante, ma soprattutto di gran testa e di gran cuore, all’anagrafe miss Violet, ragazza di un’Inghilterra datata 1932, nubile e di trentotto anni.
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In un primo tempo a un lettore poco avvezzo e magari avventato tutto ciò potrebbe anche sembrare caotico, perché si dovrebbe confrontare a muso duro con una donna tormentata e complessa, semplicemente una meravigliosa creatura, purtroppo condannata a una tristezza di fondo, oserei quasi dire una perpetua, ma costante malinconia, che la rende una donna sia debole sia arrendevole ma piacevolmente battagliera.
Violet– a detta della stessa autrice – sembra quasi un essere predestinato, una specie di ricevitrice sana di un dono miracoloso, che dolcemente va veicolando nelle mani di una donna stanca e veramente complicata, una donna schietta e genuina destinata a rimanere zitella, forse per quel tempo così bigotto e bislacco un’onta difficile da cancellare.
Anche se a onor del vero era notizia di dominio pubblico il fatto che la stessa ragazza avesse avuto in precedenza un fidanzato in carne e ossa: Lawrence, un eroe caduto nella battaglia di Passchendaele.
Per le sue stesse colleghe infatti «le donne in eccedenza» come lei, con poche opportunità di essere «accalappiate» e di mettere su famiglia, vengono considerate dalla società come un inutile orpello, un nulla assoluto in un tutto fasullo e soprattutto discriminatorio, dove la donna non è concetto ma semplicemente preconcetto!
Una verità cruda, dura da digerire e poco edificante per dire semplicemente che anche in quel tempo c’erano donne di serie a e donne di serie b. Frasi sessiste, in cui un maschilismo ossessionato deborda con ferocia verso il potere in rosa.
Quindi alla nostra Violet non resta che prendere nelle proprie mani le redini della sua vita, sfidando le consuetudini, i pregiudizi e in modo particolare il suo essere semplicemente donna, ossia prendere consapevolezza della sua femminilità e di amarla sopra ogni cosa, in barba a pantaloni e dopobarba.
Incurante delle pressioni della madre, che la vorrebbe a casa con lei, la protagonista di questo romanzo targato Chevalier lascia Southampton per trasferirsi a Winchester.
Qui trova lavoro come dattilografa presso una compagnia di assicurazioni, per poi alla fine impiegarsi in qualità di ricamatrice presso l’associazione delle ricamatrici della cattedrale, una confraternita fondata dalla Signorina Pesel e gestita dall’intransigente Signora Biggins.
Ispirato dunque a una ferrea tradizione medioevale, il club realizza ricami di cuscini per fedeli, veri e propri capolavori del cucito destinati a durare nel tempo.
Violet si getta a capofitto in quello che in un secondo tempo si rivelerà molto più di un semplice lavoro o di un semplice hobby. Frequentando assiduamente quest’associazione conosce Gilda, una donna vivace e assai gentile che però nasconde una sorta di scheletro nell’ armadio, e Arthur, il campanaro dagli occhi azzurri. E proprio questi due improbabili incontri faranno sì che la sua vita prenda una nuova svolta e lei acquisti più consapevolezza e diventi padrona del suo destino.
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La bellezza di questo romanzo, che si potrebbe anche definire di formazione, consiste nel fatto che, nonostante presenti un’ambientazione quasi desueta o per meglio dire vintage, si dimostra attuale, coinvolgente e soprattutto appassionante perché ti incuriosisce, ti avvince e avvolge.
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