Una trama assai coinvolgente. “Re dei re” di Wilbur Smith
Re dei Re, ultima fatica letteraria dello scrittore Wilbur Smith edito da HarperCollins nella traduzione di S: Caraffini, è il seguito ideale del romanzo Il trionfo del sole, bestseller mondiale che racconta in modo appassionante le avventurose vicende di una donna che, dopo l’improvvisa rottura con il proprio fidanzato, è coinvolta in una spedizione nel continente africano.
Re dei Re è ambientato nel Nord dell’Africa di fine Ottocento e racconta, con brio, una spedizione, creata ad hoc per la conquista di una ricca vena d’argento nascosta tra le montagne del Tigrai.
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Gli indomiti attori di questa ardua impresa sono: Ryder Courtney, sua moglie Saffron e la di lei gemella Amber, la quale era in procinto di convolare a giuste nozze con lo storico fidanzato Penrod Balantyne… ma l’inaspettata ricomparsa di una ex amante dell’uomo ha inevitabilmente mischiato le carte facendo mandare all’aria il tutto. E così la povera Amber era stata spinta a mettersi in viaggio con la sorella e il cognato.
Il viaggio per raggiungere la miniera in questione è alquanto avventuroso e costellato da mille pericoli. Più di una volta il nostro eroico trio ha rischiato di perdere tutto, ma alla fine come in ogni favola che si rispetti raggiunge a testa alta il risultato sperato.
Purtroppo però, nel momento in cui ogni cosa sembra andare per il verso giusto e gli affari sembrano prendere il volo, la situazione politica dell’intera regione si complica: tutta colpa delle lotte intestine per la successione al trono d’Etiopia.
A questo punto Ryder si vede costretto, causa forza maggiore, a negoziare un accordo con Menelik II, noto ai più come il “Re dei Re”.
Nel frattempo la matassa narrativa va ingarbugliandosi ancora di più, in quanto a sorpresa fa nuovamente la sua comparsa all’interno del racconto Penrod, che non si è mai rassegnato alla forzata separazione da Amber. L’uomo si arruola nell’esercito inglese nei panni di una spia: pareva che l’Italia avesse intenzione di invadere l’Abissinia e Mister Penrod aveva dunque l’oneroso compito di trovarne le prove per riuscire a scongiurare quella catastrofe.
Una volta giunto a destinazione Penrod si imbatte in Amber e l’atmosfera si fa sempre più calda, poiché i due giovani si accorgono di essere ancora attratti l’uno dall’altra come in un dèjà vu e di provare all’unisono quell’immenso amore, carnale e angelico, che fino a poco tempo prima li aveva visti come una coppia felice e indissolubile, solida e complice, pronta a consacrarsi a Dio.
Ma purtroppo ora è davvero tardi per tentare di riportare le lancette dell’amore indietro ai precedenti fasti: loro due – come in un terribile scherzo del destino – si erano schierati su due fronti profondamente differenti che era assai difficile riuscire a far collimare.
E inoltre quei gelidi venti di guerra che avevano cominciato a soffiare sull’intera regione, certamente non potevano offrire a scatola chiusa la certezza di un riavvicinamento affettivo tra i due giovani, in quanto la distanza ideologica e di intento dei due schieramenti era enorme.
Come in tutti i suoi capolavori, anche in Re dei Re Wilbur Smith riesce con grande maestria e psicologia a offrire ai suoi fan e ai suoi lettori una trama assai coinvolgente, che ti prende e ti accompagna con veemenza fino alla fine dello stesso romanzo, che si legge quindi volentieri e lo si gusta tutto di un fiato.
È un racconto unico inimitabile che ti incalza grazie alla ricchezza di molti colpi di scena.
Ne scaturisce quindi un’opera epica in cui il tema dell’amore romantico va a giuste nozze con quello della guerra e del coraggio.
Un’opera così carica di pathos e di risvolti psicologici che può essere letta tranquillamente in chiave personale e intimista. Infatti ogni lettore leggendo queste pagine ha la facoltà di compiere una sorta di viaggio spirituale, una specie di introspezione filosofica che lo porta a confrontarsi con se stesso con il suo eroismo e le sue paure in quella costante battaglia quotidiana tra bene e male. Si può tranquillamente dire ancora che le pagine di questo libro rappresentano una sorta di specchio metaforico in cui proprio noi abbiamo la facoltà di ritrovarci e di ricongiungerci con la parte più vera di noi stessi.
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Perché l’Africa nella produzione di Smith? La risposta è molto semplice perché lo stesso autore è cresciuto in Sudafrica, con un padre cacciatore di elefanti, che sicuramente non ha incoraggiato la verve letteraria del piccolo Wilbur, il quale si è visto bene dal demordere, anzi ha alzato il tiro pubblicando numerosi romanzi basati su ricerche ed esplorazioni.
Tra i filoni letterari a cui ha dato vita è necessario ricordare il ciclo dei Balantyne, quello dei Courtney e i libri di ambientazione tipicamente egiziana.
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