Vittoria, la regina imperatrice nel racconto di Antonio Caprarica
La regina imperatrice è l’ultima attesissima fatica letteraria dello scrittore e giornalista Antonio Caprarica, noto volto della rete ammiraglia pubblica.
Con questo romanzo edito da Sperling & Kupfer l’autore torna un po’ alla sua origine, ovvero quella di occuparsi di vicende e vicissitudini della tanto chiacchierata corona inglese.
Il titolo di questo lavoro potrebbe portare a credere che il tutto non sia altro che un ritratto dell’attuale sovrana britannica, l’intramontabile e inaffondabile Elisabetta II, e dei suoi disastrosi eredi. Ma non è così!
Infatti qui si parla e si analizza la sovrana inglese, seconda per longevità di regno (1837-1901), la tanto amata e discussa Vittoria.
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La vicenda così ben narrata ne “La regina imperatrice” si snoda nell’anno 1870, quando Vittoria era al suo trentatreesimo anno di potere. La sovrana in questione era stata incoronata il 20 giugno dell’anno 1837 e il popolo britannico l’aveva accolta a braccia aperte: con benevolenza ed entusiasmo, con quel grande ottimismo che accompagna sempre una persona nuova e carismatica, dalla quale ci si aspetta sempre una sorta di romantico miracolo.
Faceva certamente tanta tenerezza quella diciottenne così piccola e rotondetta, con quei vispi e sporgenti occhi azzurri che di sicuro non le donavano charme e raffinatezza. Ma la ragazza suppliva alla sua poco e coinvolgente beltà con una spiccata intelligenza e vivacità intellettuale, non dimenticando il suo essere stacanovista e assai volitiva nelle sue azioni.
Ma nel 1870 lei era decisamente cambiata, aveva più di cinquant’anni ed era irriconoscibile. Infatti Vittoria dopo la scomparsa dell’amatissimo consorte, il principe Albert, era caduta in depressione e della sua persona e della sua femminilità se ne era persa ogni traccia.
E ora quel suo popolo così attonito e preoccupato vedeva una regnante malinconica, appesantita da un costante dolore e da quei troppi chili di tristezza e di solitudine. Andava in giro infagottata con quegli abiti improponibili e improbabili, rigorosamente neri e austeri che la mortificavano come donna.
Alle sontuose ed effimere feste di corte preferiva lunghi soggiorni sull’isola di Wight, oppure in Scozia. Luoghi, questi, immersi nella natura più profonda e vera, dove certamente poteva farsi cullare nel ricordo appassionato di un amore sincero, pulito, che le aveva regalato quella gioia impalpabile di essere donna e moglie. In questi luoghi bucolici aveva l’opportunità di piangere e di vivere in fondo quel dolore così sottile e al tempo stesso distruttivo. Si ostinava a non presenziare alle cerimonie pubbliche londinesi, mentre suo figlio Bertie, poco incline a quei doveri e a quel protocollo tipico del suo rango, trascorreva le intere nottate al tavolo del baccarat, perdendo ingenti somme di danaro, oppure gozzovigliando con l’ultima puttana di turno.
E non solo le disgrazie della corona erano causa di preoccupazione nella Londra di quegli anni: un’assai aspra crisi metteva in ginocchio un popolo ormai esasperato che era sul punto di una crisi di nervi o peggio ancora stava per crollare in modo definitivo.
Lo scontento tra la povera gente andava sempre più dilagando e il prestigio stesso della corona vacillava sempre più … tanto è vero che gli stessi repubblicani scalpitavano ed erano già pronti a fare le scarpe alla stessa famiglia reale.
Tuttavia proprio in questo drammatico frangente, Vittoria faceva un guizzo e come se si fosse risvegliata da un lungo sonno ristoratore rialzava il capo, rimboccandosi le maniche e dimostrando al mondo intero di possedere quegli attributi giusti per governare.
Riprese dunque nelle sue salde mani le redini del potere a dispetto di intrighi, di scandali che coinvolgevano gli stessi membri della sua blasonata famiglia.
Sullo sfondo di queste vicende appassionate e appassionanti, l’autore ci propone anche l’analisi di personaggi secondari, ma non poco importanti: Melbourne, Gladstone, e Disraeli, figure che hanno contribuito a scrivere la medesima storia del Regno Unito.
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Ne scaturisce quindi un affresco affascinante e intrigante che ha l’innata capacità di accompagnare la curiosità del lettore in una dimensione parallela, dove la materia narrativa mescola realtà e immaginazione con grande maestria e attenzione, creando un favoloso connubio tra passione degli eventi e cronaca storica. Questo romanzo non è semplicemente un freddo reportage di date e accadimenti, ma soprattutto una malinconica e avvolgente preghiera di una donna sola e infelice che non può crogiolarsi nel suo perpetuo dolore perché ha la sola colpa di essere regina e di dover rendere conto alla più fredda e bieca ragion di stato.
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