Nel buio più profondo di un millennio alla
deriva, dove la terra era ormai sommersa da quelle acque in rivolta, che
spavalde e senza indugi, avevano rotto quegli argini dell’umana folli;tutto
assomigliava sempre più ad una enorme accozzaglia di stupide menzogne, studiate
a tavolino, per fare impazzire il buon padre di famiglia.
E in tutta quella immondizia di giovani e vecchi
cuori – ricoverati in grigie corsie di ospedali per anime smarrite- andavano
lentamente consumandosi, nella tracotanza mistificatrice, orgiastiche cerimonie
in onore di quel MALEDETTO MOSTRO A DUE TESTE; che, digrignando i denti, si
eccitava al solo pensiero di potersi cibare del terrore conclamato di uomini
sbagliati, semplicemente allo sbando.
Si era perso il NESSO LOGICO! IL SENSO DELLA VITA … L’ORIGINE DI TUTTE LE
COSE Ci si trovava nel REGNO DELL’ORCO … dove il piccolo e furbo TATOO la faceva da padrone e quel
porco dell’amico FRITZ era suo fedele ZERBINO …
Quei mille papaveri rossi, vestiti a lutto, erano
prigionieri nel pensiero voluttuoso di quella puttana zoppa che si nutriva del
suo in commisurato amor platonico per l’orrenda FIERA A PIU’ TESTE.
Maledetta pazza lei cercava invano il suo piacere nel
cassonetto, quello più lercio, dove trovava la carogna più fresca del suo
ultimo amante, il poveraccio di turno, massacrato a sassate in quell’ultima
sveltina, senza storia, nata nella solitudine di quel cuore malato … malato di
una malinconia inaspettata.
Urla feroci e dissacranti di piccoli gnomi perfidi e
sporchi, che vomitavano a più riprese cattiverie assortite; ed intanto quel
girotondo di bimbi, spaventati dal nulla, spariva dolcemente nell’oscurità più
profonda, perdendosi in quel labirinto di luci fioche … nelle fauci
insanguinate di questo ultimo MOSTRO sbattuto in copertina per meriti di
audience.
E in quella plumbea atmosfera, senza capo e senza
coda, rumoreggiava a sorpresa – come schiaffo divino- quel regale battello;
dove l’ispirato FABER, gran nocchiero di lungo corso, assieme alla sua ciurma,
in religioso silenzio, accompagnavano L’ANGELO DELLA SETTIMA ARTE – per la sua
volta buona- alla MONTAGNA INCANTATA, dove la SIGNORA vestita di rose
l’aspettava con gioia per il tè delle cinque.
E la barca prendeva largo in quell’immensità oscura di
fantasmi addormentati e l’allegra ciurma si raccoglieva in quella solenne preghiera della sera. Occhi rivolti al
cielo alla ricerca di lei; nobile Freia, dea dell’amore, dell’erotismo, della
bellezza, dell’oro; nonché Signora della fertilità, della guerra, della morte e
delle virtù profetiche.
Tra le sue numerose peculiarità Freia annoverava quella
di esperta di magia, con cui poteva realizzare le sue arti divinatorie e i suoi
incantesimi a distanza.
Possedeva la collana, detta BRISINGAMEN, forgiata dai NANI, che gliela avevano
donata in cambio della promessa di un
solenne patto, che la obbligava ad una
forzata convivenza con loro.
La bionda dea – ascoltando preghiere- avrebbe dovuto
proteggere loro dalla perfida SIGNORA della confusione; nefasta megera, che,
come novello UGOLINO in preziosa gonnella, si cibava avidamente di quei quattro
imbecilli … strappati al loro folle narcisismo di uomini innamorati, pazzamente
deliziati dalle loro stesse virtù; nell’assurda pretesa di poter piacere ad
ogni costo, in ogni circostanza mondana.
Lei SIGNORA della confusione era essere assai
orripilante nel suo modo di essere donna : provocante e provocata! Era
decisamente disgustosa nell’apparenza più immediata e qualunque occhio umano,
che si scontrava con la sua bruttezza conclamata, non poteva di certo fare a
meno di abbassare stizzito se stesso in una sorta di inchino di salvezza.
Perché quella volgare deformità non era altro che perfetta parodia di SATANA … signore
del fuoco maledetto, padrone del REGNO dell’eterna INCERTEZZA.
E la perfida SIGNORA della confusione più totale non
aveva fatto altro che godere all’infinito di quella terra spaccata in due, di
quel mondo quasi virtuale, che, lentamente e in maniera inesorabile, stava
scemando nell’oblio di un ribrezzo tristemente malinconico, dove ogni forma di
bellezza era stato boicottato e rinnegato con ardore da quei tremendi NANI da
giardino con quel mitra sempre puntato e ben impugnato!
Maledetta PROVOCATRICE di stupidi cuori allo sbando,
così porca e meschina, da rinchiudere quelle quattro anime rassegnate in quel
cassetto di tarme vestito!
E quel vecchio puttaniere in catene – che piangeva
alla luna- veniva semplicemente relegato nello squallore più asfissiante di
un’esistenza parallela, fatta di ossessioni e di paure senza nessuna via di
fuga certificata.
Sicuramente in quell’oscuro labirinto di cocci aguzzi e di spiritualità – tragicamente allo
sbando-, lungo quei mille sentieri di vanità repressa celata da quel dolce
inganno, che andava minando l’intelligenza più ingenua; una folla impazzita di
grassi ed unti uccelli neri gongolava nell’arena della vergogna più nera. E lui
l’ispirato FABER, nella sua proverbiale INNOVAZIONE, anarchico e pacifista di
cuore e di mente, prendeva la sua chitarra, quella stessa
chitarra che aveva celebrato emarginati, ribelli e prostitute … lasciando al suo secondo l’onere del timone
e del comando.
“ SMISURATA PREGHIERA” usciva da quel suo canto, che
come luce assai benevola, andava ad
avvolgere la veste celeste di Freia innamorata e Lei” nostro ANGELO della
SETTIMA ARTE” commuovendosi come una bambina si sentiva un po’ come “ GIOVANNA
D’ARCO” mentre ballava il “SUO VALZER PER UN AMORE”.
Impavido paladino di beltà assoluta tu fosti
certamente un gentil sognatore per poi ora divenir galante anfitrione di angeli
perduti in quella improvvisa e scontrosa gioia di appartenenza.
Nostalgico artista tu eri sagace ed attento spirito
romantico alla corte di quell’ultimo affettuoso TIRANNO dalla barba unta! Un
ingenuo e libero aquilone rotto vigliaccamente dalla più stupida consuetudine.
Povera creatura maltrattata dalla tua stessa
sensibilità. Proprio tu non potevi liberarti da quella ovatta che lentamente ti
soffocava istante dopo istante in quella dimensione di solitudine ispirata.
Un libro censurato, mai aperto per timore di quella
VERITA’ travolgente.
Ora dicci chi fosti veramente tu … un burattino
violentato ed abusato da quella vita faceta e un po’ mignotta, perennemente
alla ricerca di quel palcoscenico abusivo per gridare – convinto- a quei tuoi
maledetti simili tanto arroganti quanto fasulli … che uomo bello fosti!
Quel tuo sogno di carta pesta era stato gettato con
sospetto ed anche con un bel po’ di disprezzo nel vuoto di un tempo tutto da
dimenticare. Tu eri stato –tanto di cappello- felice negazione dell’umana
sporcizia: scrivevi e scrivevi in quel silenzio di cristallo di quell’ultima
farfalla impazzita per amore. E intanto il suo piccolo e fragile cuore moriva
sbattendo le ali contro la finestra del demonio.
Tu ti illudevi di cavalcare quella bianca colomba per
raggiungere così l’intrigo e quella allucinazione fatale; quella fiamma ancora
viva della conoscenza più pura.
Volevi tu dunque – follemente uomo- aprire quella
botola misteriosa per entrare a mente libera da ogni pessimismo cosmico in
quella pseudo realtà di vane chimere per trovare finalmente quella strada
definitiva e proibita che tu stesso avevi smarrito o più semplicemente che ti
avevano fatto smarrire!
Danzava sul tuo volto appagato una luce amica che nel
buio più profondo ti rendeva giustizia e tu dunque gran maestro di cerimonie ti
potevi grato guardare dentro, e nello specchio dell’anima riscoprivi in te – a
pieno titolo- quella tua dignità di
DOLCE ED AFFETTUOSO MENESTRELLO DI CORTE …
Complicato eri tu oh timido accompagnatore delle DIVE
alate, eri puro SIENZIO in quel grande caos di volgarità gratuita che stordiva
i tuoi stessi pensieri di amore parentale.
Quei sottili fili d’acciaio erano riuniti in quella
fitta ragnatela di fili metallici di malinconia assai melensa. Ed il tutto
andava dissolvendosi in quella vanesia crudeltà di futili eventi tragicomici,
che avevano puntualmente imbastardito il suo più ingenuo canto libero in un
mondo totalmente schiavo e sicuramente alla deriva più nera.
Quindi ti svestivi della tua carne e di quella anima
ferita a morte. E seppur nudo e sconfitto quel tuo IO primordiale urtò contro
quello scoglio di menzogne assordanti; facendoti precipitare così in quel vortice surreale di avida tempesta di fuoco … mentre la tua
chimera vestita d’ arroganza faceva acqua da tutte le parti.
E ti copriva il tuo il tuo SOLE- SPAZIO VITALE!- e tu
dunque ti rotolavi indiavolato in quel mare di atrocità assurde.
Tu eri l’ultimo frammento di un romanticismo sempre
più rinnegato e sempre più contento affogavi in quei fragorosi lampi di
smarrimento d’intelletto … boccheggiando in quei spaventosi tuoni di rivalità
cosmiche.
Sorridente e
lontano dagli occhi …. Lontano dal cuore! … quel zelante Cicerone attraversava
il bosco delle fate, nell’applauso più sentito di quell’albero grande
cerimoniere di corte.
E lui teneva per mano titubanza del poi, vista come mostro in avvicinamento, nel mentre lo
stesso suo erede veniva im posto dal DESTINO:
GHIACCIO BOLLENTE in emozione di sé gli avrebbe aperto un mondo!
Tre moschettieri fieri e leali per un girotondo di
vanità; tre moschettieri fieri e leali per una musica di piacevole stordimento.
Lui … lei e l’altro nella sottile morsa di una folle separazione senza appello
che si imbellettava in quel puzzle intorno al mondo.
Carezza di mano di velluto stuzzicava quel cuore
impuro dell’umana stirpe che maliziosa e compita falsamente si addormentava
stregata tra le forti braccia di Morfeo appassionato.
Luna e stelle plagiate da uno stesso evento … si
vendevano dunque in modo assai definitivo a quel rito propiziatorio d’isterismo
collettivo con l’acerbo desiderio di un sonno riparatore, che potesse
finalmente donare un’ultima speranza di una danza consolatoria … e magari
perché no quel fantasma assai gentile a sorpresa avrebbe poi intonato la mesta
melodia dei ricordi perduti.
Bramosia di forte accelerazione di battito cardiaco
implorava a quell’angelo vestito di nero … fantasmagorica voglia allucinata di
gettarsi a capofitto in quell’oasi cristallina di realtà mai vissute, una
sensazione tragica di malinconia congenita che spaccava il ventre in due.
Eccezionalmente desiderio perverso e prevenuto con
preziosa perdizione andava annunciando poetica visione emersa dal nulla delle
proprie paure più dannate, laddove immigrava qualsiasi altra illusione
illibata.
GHIACCIO BOLLENTE sovrana con riserva leziosamente
ammiccava ed annunciava lo svelamento a sorpresa di suoi segreti sognati,
interrogando introspezioni guidate in quella medesima condizione di
allucinazione generale, fatta nell’oscurità recondita …. Attraverso avventurosi destini in odore di
elevazione spirituale, addentrandosi in luoghi finalmente amichevoli,che
nonostante tutto quel guazzabuglio di mediocrità nauseabonda, il silenzio di
angelica genealogia … sebbene celasse armonici arrangiamenti appena ascoltati …
si scontrava ripetutamente a tradimento, con le fantasie malate di quell’ultimo
pazzo in giarrettiera e cravatta.
E intanto tatoo si stava dolcemente risvegliando –
stranamente senza proferir favella- da quel suo letargo di presunzione ed
arroganza conclamata.
Freia la NOBILE iniziò così la sua riscossa; chiamando
a sé le anime più belle, il cui amore avrebbe contrastato di sicuro quella
boriosa arroganza della perfida e squallida SIGNORA della confusione.
Ma lei – la perfida Signora regalava a quel mondo
attonito un urlo disumano di paura cristallina e la colomba bianca d’improvviso
si macchiava di sangue, mentre il leone alato, nonostante la sua fierezza, con
uno stratagemma, veniva privato dei suoi forti artigli; e quei due usignoli
innamorati a bastonate ed insulti perdevano il loro suadente canto.
E fuori pioveva mentre Sergio, fedele vassallo ed
amico dell’ispirato FABER, col suo girotondo sul mondo …. Sognava invocando
“ANIMA SARDA” … la cercava in via Broletto 34, nella
vecchia balera, tra la brava gente di periferia … c’era aria di neve. Di lei
amava i suoi vent’anni; proprio lui che amava solo lei!
Danza emozionale di lucciole in festa strizzava il sorriso voglioso di
mercante in fiera e salutava timidamente assorto – con lento incedere- del
regal cocchio. Andava Pegaso innamorato e volteggiava beato nelle poche
speranze del mondo, senza infamia e senza gloria,regalando allo sguardo basito
di anima sagace quella soave cantilena di versi antichi, capaci di bagnare con
quelle lacrime forvianti l’illusione più tetra di un cigno caduto in disgrazia
… che mesto ed ammaccato annaspava sul viale del tramonto.
Versi e parole creavano una musica senza tempo e sconclusionata, fatta di
enigmi poco rassicuranti che accoglieva – falsamente assorta- nuvola di fatal
donna, genti creatura prescelta nel lungimirante pensiero di una forza nuova
ancora vergine di umana cupidigia che sovrastava l’intero senso delle cose.
Tutto muoveva in lei … tutto risplendeva in quel non so che di magia
ancestrale che per capriccio divino assumeva sembianze di pacatezza eterna.
Eppure la buona Marisa una donna sola … nella
sua terra, nascosta in quella casa bianca …
Urlava : “amore amore” custodendo
in gran segreto l’anima preziosa di suo
conterraneo Gabbiano poetico, guardandolo alla luna … la sua voce gridava Good
Good Bye. E subito si mostravano in beltà di spirito … timida ancella, che, in
mille fastidi, sedotta dal mito del genio ALFREDINO, si accompagnava con la
PRINCIPESSA DELLE NEVI
La sua voce suadente scappava confusa ma felice nel ricordo più pacato di
sé … Quella casa bianca … tutti i bimbi come lei
evadevano dalle loro nefaste prigioni sulla scia di quel profumo irriverente;
nella scatola a sorpresa di una melodia troppo presto dimenticata in quel cielo
nascosto in un respiro appena rubato a quel pigro viandante che nell’oscurità
del peccato più torbido veniva sbranato dal pentimento tardivo!
Sulle spalle di questa ancella … Marisella per il suo mondo … trovava via
di salvezza FARFALLA di cristallo, amica Giuni ambasciatrice del bel canto.
Peccato comunque che fuori piovesse tutta quella rabbia repressa per
convenienza, umiliata per stupidissime questioni di bon ton che odoravano di
stantio!
E fuori piovevano quelle mille e mille menzogne fallaci che si specchiavano
nel nulla, incuranti della VERITA’ SUPREMA … in quei due occhi di pace – grossi
come cocomeri e sprigionanti saette di fuoco!
PAZZIA MOMENTANEA DI TRILLI DI ROVI INTRECCIATI e la SIGNORA DELLA MONTAGNA
– incredula ma davvero contenta- si
affacciava su nuvola tranquilla e davvero appagata cercava tra la folla di
anime festanti … intelligenza cuore e grazia di due SARDI da onorare.
Lei – prima perla di quest’ISOLA dalla bellezza irripetibile- fu intrigo di
voce romantica; sarda rettitudine … appassionato ed appassionante usignolo dal
gradevole aspetto … correva a piedi
nudi, scalza fino al midollo, su quella passatoia di improvvisa e leziosa brezza.
Mistico fior di sarda connotazione si mostrava con doppio bocciolo …
timidamente in quel BOSCO di FRAGOLE selvatiche, in fantasia ancestrale di
quell’ultima risata grassa e scomposta di quel giovane ladro di cuori.
E brindava fiero corteo festoso di CHERUBINI e SERAFINI abbandonati in un’
ORGIA BENEFICA di sentimenti altalenanti plasmati negli applausi sinceri di
VERITA’ negate da sempre.
Mani di fata in gesti di zucchero aprendo di fatto una strana tensione,
svelò dunque primo arcano, guardando con occhio furbo nell’animo ferito di una
attesa assai dolce …
Nessuno aveva ancora ben compreso dove
iniziasse lo SHOWMANN e dove finisse lo STRATEGA alla MORTAZZA.
Se lo si guardava bene il grazioso NONNETTO
PELOSETTO era il prototipo dell’unica star indiscussa del suo affollato
GIARDINO D’INVERNO e ricordava per altezza e regal boria l’arroganza del borioso
CORSO.
C’era chi lo accusava perfino di aver rubato
la marmellata e chi invece gli baciava il grosso culone flaccido venerandolo
come il regalo più bello venuto dal cielo …
E quando i MOSTRO apriva le vergini fauci
sul campo di battaglia concedendo innata favella succedevano sempre disgrazie
altisonanti … dove quell’ultima vittima disgraziata era pronta per il MACELLLO!
E
quindi pr0pri0 MUSA SETTIMA ARTE apparve in mistica preghiera e tutt0 dunque
cambiava in parte di um0re.
Aveva sed0tt0 r0sa bianca e cant0 d’am0re si pr0pagava ai
danni di 0rc0 crud0 e perfid0 e m0stri gridavan0 vendetta.
Quant0 era ben seducente in questa sua
strana precarietà! Aveva chiu0 0cchi e cu0re in speranza di una pr0ssima 0nda
di tsunami che facesse grazia di vezzeggiare su0 desideri0 passegger0 …. N0TTE
DI FAME si andava rintemprand0 su una pagina bianca anc0ra vergine di
sensanzi0ni tutte anc0ra da descrivere; tutte anc0ra da racc0ntare …. E mentre anima
e cuore si andavano dolcemente sposandosi in quella danza silenziosa di
malinconica intesa primordiale, LUCE
meravigliosa ennesima potenza di massima elevazione alla fantasticheria di celluloide
ti guardava sorridendoti.
Intanto quella tua melodia infinita abbellita da quel
nugolo festoso di piccoli angeli in girotondo scendeva con discreta dolcezza
nella mente confusa di Silvana – gran TALENTO brutalmente profanato da
gentaglia di poco conto.
Proprio tu –MENESTRELLO CELESTE- avevi riconosciuto in
lei il terribile marchio dell’infamia più nera ; perché proprio tu eri stata, nolente o
volente, dolce animale addomesticato nella prepotenza ed arroganza di quel
padrone, splendido nell’apparenza , ma satanico nell’intimo!
E TUA MADRE ONESTA
D’INDOLE …. Si corrompeva svendendosi alla più bieca malinconia e fosti dunque
tenero fiore dalla corolla più volte violentata!
Tu sognavi invano il sacro vincolo amoroso con il divino
Apollo …. UTOPIA solo una maledetta UTOPIA!
IL MONDO è stato con TE così bastardo da serbarti gran
rancore ed allora offuscata ed offesa da quell’oltraggio ti eri dunque lasciata
sedurre dai mille piaceri di un FAUNO dispettoso …..
Chiusa nella tua tana di solitudine e miseria celebravi
ignara la tua sonora sconfitta!
E nell’aria la canzone di Magda –e anche lei, poliedrica
Silvana- la ricordava assai coinvolta …
Musica meravigliosa e malinconica tradiva dunque quel
giorno triste in cui come furiosa Baccante invasata dalla perfidia del suo dio
poco accondiscendente … si era tolta la candida veste pesante più della corazza
e ti eri messa a correre nuda attraverso le stanze di quel labirinto in cerca del tuo filo di
ARIANNA!
PROSEGUIRE PAGINA 105
PAGINE 96- 97- 98
Fantasmi nella notte di quel mondo senza
senso camminavano solitari mano nella mano mentre in un angolo l’ultimo boia indossava
quel vecchio frac .
Era un requiem disperato che glorificava
l’ultima carezza di un cigno innamorato.
Vigliacca creatura che divorava pure lei …
si ergeva giudice tra i giudici … e sputava veleno in quelle nefaste sentenze
di morte.
E pianto antico di MUSA ST0RDITA
Camera buia raccoglieva sangue benedetto di
meraviglia di donna, grande poetessa dal nobile cuore che si crogiolava in
nostalgia di papaveri in fiore. Grande miraggi0 di d0nna perduta gridava
ric0rd0 di un ieri tutt0 castrat0 …. CERCAND0 S0RRIS0 DI VIRNA C0NF0RT0!!
PAGINA 72-73
Angelo della Settima Arte implorava l’ULTIMO CAVALLIERE SENZA MACCHIA
affinché sacrificasse una volta per tutte quel drago zoppo che tentava il
colpaccio; mentre la saggia puttana sbeffeggiava a più riprese quel sadico
benpensante, fariseo di professione, sempre attaccato alla lunga sottana di
quell’ultimo prete, grasso e spocchioso, che infrangeva vigliaccamente il SACRO GIURAMENTO e nella sua
formosa e burrosa sagoma ridondante, andava vendendo al miglior offerente la
sua anima inesplosa per quel posto vacante in VATICANO!
Gentil salma in purpurea veste di rosa appassionata appariva a quel mondo a
lei riconoscente … tacitamente addormentata : supina giaceva delicatamente
nascosta in quel letto di cedro antico benedetto da sorte amica e adornato da
quel nugolo impazzito di mille e mille cristalli di luce in convinta devozione,
nel segreto silenziosamente custodito da una nuvola di fiori di campo.
Tutto profumava, ogni cosa odorava di te, ogni essere reale o irreale
inebriava quello sperduto pianto di nostalgia della tua arte. E quella tua folla
da sempre di te innamorata ammutoliva vinta ahimè da quel tragico pensiero di
quel vuoto incolmabile.
Viso d’angelo e sorriso fatale in preziosa eleganza di donna piacente
amoreggiava stordito con sonno di eternità nella perpetua sua convinzione che
presto proprio lei avrebbe potuto incontrare amor fedele, compagno terreno di
una vita esemplare!
Lui encomiabile dono di un’esistenza linda, di sicuro già l’attendeva lassù
con cuore ansioso, lassù dove LA SIGNORA DELLA MONTAGNA componeva la sua Sacra
Canzone …
Meraviglioso era quel gaio e fresco coro di cherubini in felicità di
esserci sulla scena di quel MIRACOLO tanto atteso che guardava a te MUSA DELLA
SETTIMA ARTE in leggerezza di parole ed armonia di impalpabili sensi.
E tu ultima ROSA senza spine potevi sentir intonare a tua gloria
quell’immortale inno di una amorevole festa annunciata dalla benevolenza di
quel lieto fato, mentre quelle piccole e si tanto delicate creature di bene
incondizionato si prostravano giubilanti nell’obbedienza più sincera a te e alla
tua venuta, perché eri MUSA irrinunciabile di stie e di verità.
Sincero ricordo di te in quelle cento maschere d’autore … da suora a
magistrato; da imprenditrice a nobildonna … immagini ed emozioni senza fine in quel mio dolce naufragare in memoria di te e di tua arte
certosina.
Talento puro nella macchinazione assai concreta di artefatti proibiti per
immensa beltà ed intensità! Volubile castigo di regista in solenne tua
adorazione ….
Coriandoli infiniti di melodia mistica .. vita- favola abbellita da quelle
note lette e rilette in magica chiave armonica.
Canto sublime di anima spettacolare, spirito libero e senza macchia in
purezza di cuore sempre e selvaggiamente innamorato pazzo del POI.
Simposio di fascinosa creatura in quei terribili spasmi ancestrali di bontà
celeste, un’innata ed intima conversazione con la più piena consapevolezza di
sé!
Voglia graffiante di una ancora vergine esplosione di quella femminilità
disarmante … una specie di allucinazione senza senso, senza storia, ma
impropria e feconda di quel giocoso sorriso in prurito divino, che andava
intersecandosi a sorpresa nella lucida ed insperata ragnatela avvolgente di
misteri fitti, senza spazio orchestrati ad hoc da una mano di velluto primitiva
e senza ritegno.
E nel cielo splendidamente terso, dono imperscrutabile di un destino
claudicante, notte di NOZZE SANTE in solenni enigmi affezionati a quella DANZA
TRIBLE improvvisata.
Didone MARINA
Fenicio pensiero: e lei mitica sovrana andava con cuore sdrucito nella bruttura di quel
poema infingardo, oramai demodé per questo millennio di ignoranti cronici.
Vola FARFALLA tu che eri creatura dai colori sbiaditi da una vita in do di
petto, con la tua dolcezza , mostravi - lieta e fiera- quel viso baciato a tradimento da quei
lineamenti preziosi … coronati in magia di fatal incontro da quegli occhi più
scuri della pece … più neri di una notte ruffiana che si vestiva di romantico
non senso.
Puerili labbra vogliose di quel
fuoco perenne si stordivano in essenza di fragola …. Toccandosi, morbosamente
assorte, andavano dunque
accelerando quel sogno erotico.
E lei FENICIA regina di indole ingenua … si immolava sconfitta su quell’ara
di profondo dolore, croce e delizia del SONNO senza
ritorno. E lei annullandosi rimpiangeva e malediceva fascino guerriero di
leggendario e vanesio eroe epocale, latino di stirpe alla costante ricerca di
nobiltà accertata.
Quelle tue 4 note di zenzero e di vaniglia accompagnavano mute alle sacre
nozze quei due teneri corpi nudi così desiderosi di esplosione reciproca, così
bramosi di spudorata dipendenza da focosa
affettazione in estasi profonda di calda danza subliminale.
E scivolavano mani furtive nel saccente gioco di sguardi innamorati, che si
cercavano nella perfezione di quelle allucinazioni smarrite.
Fantasmi di suoni in logaritmi d’autore si nutrivano increduli di graziosa ilarità
agghindandosi a festa…
Pallida come un cencio più volte abusato era sempre là, ostinatamente
immobile, prigioniera della sua immagine come fantasma in cerca della sua
eternità.
Maledetta pazzia di indigesti frammenti … un susseguirsi disordinato di
fastidiosi momenti di blanda serenità, vigliaccamente ancorati in un cuore
pulsante di malinconia.
Ricordi indelebili di un letto arruffato nella breve passione di un
sbadiglio mancato, mentre i respiri che si cercavano affannosamente morivano
nella penombra di una sera, che scemava lentamente in un drappo orientale che
profumava di vaniglia; mentre due corpi sudati uniti in una musica senza tempo
si contemplavano nelle stonature di una nota fuori posto.
Lei forte e tenera allo stesso modo lo prendeva per mano in un gioco di
sguardi nell’assurda pretesa di baci blasfemi. E lui bastardo più che mai si
lasciava sedurre per paura di quel letto vuoto.
Lei anima smarrita si toccava le labbra e lui la pugnalava vigliaccamente
alle spalle!
Miserabile fu quel giorno in cui HAGEN
immolò il suo cuore sull’altare di DIDONE innamorata. Stupido lui che
nella sua imbecillità e nella sua fasulla virilità aveva sempre implorato a
quel destino beffardo un dolce TI AMO …
Colse i fiori più belli dal profumo di zenzero e di cedro e con fare garbato li donò a DIDONE
irraggiungibile.
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